La storia di Lou Reed, quella di un ragazzino ebreo di Long Island che diventa uno dei più arguti e letterati rocker di sempre, è fatta della stessa materia di cui sono fatta leggende del rock. Nato da una tranquilla famiglia della classe media, i suoi genitori restarono così scandalizzati di fronte al suo "atteggiamento" bisessuale che il giovane Lewis (era questo il suo vero nome) finì in ospedale, dove subì un trattamento di elettroshock.
Alcuni anni più tardi, Andy Warhol s’imbatté in lui mentre suonava con la sua band – i Velvet Underground. Warhol non ci poteva credere: la loro musica era altissima e sembrava non avere alcuna possibilità commerciale. Le canzoni duravano più di 10 minuti, e non era da tutti sopportare i loro pezzi da due accordi distorti per tutto quel tempo. Per non dire dei testi di Reed: parlavano di droghe e perversioni, senza tanti giri di parole. Warhol fece loro subito da produttore e manager. Naturalmente quel primo album (il cosiddetto "album banana" del 1967) non vendette molto ma, per dirla con le parole di Brian Eno, “tutti quelli che lo comprarono formarono una band".
Quando la band si sciolse, alla fine degli anni Sessanta, la carriera di Reed non era certo al massimo: conosciuto più che altro per la sua nomea di tossico e per il suo pessimo carattere (leggendarie le liti con il giornalista musicale Lester Bangs), non aveva ancora scritto una sola hit. Ma aveva un fan molto speciale, l’astro nascente del rok britannico, David Bowie.
La produzione firmata da Bowie di Walk on the wild side gli salvò letteralmente la carriera. Ma i suoi problemi non erano finiti: per tutti gli anni Settanta continuò a essere visto come uno strambo e un tossicomane, e intanto finiva regolarmente sulle copertine dei giornali con un travestito, oppure con una svastica disegnata tra i capelli.
Eppure, la musica sua musica continuava a essere ottima, e in quegli stessi anni scrisse forse alcuni fra gli album migliori della sua discografia: Berlin nel 1973 e Coney Island Baby nel 1975. A Reed ci vollero altri 10 anni per tornare pulito, sobrio e con un nuovo capolavoro: l'album del 1989, New York, è un puro, classico Lou Reed, pieno di storie di disperazione urbane raccontate da una penna arguta e sorniona.
Tristemente, la passeggiata terrestre di Reed sul "wild side" si è interrotta prematuramente il 27 ottobre scorso, a causa di complicazioni dovute a un trapianto di fegato.
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