ha un modo di proporre cucina sofisticata che qui non hanno ancora sviluppato adeguatamente. Non tanto nella presentazione, quanto nel servizio, il table setting, la decorazione del ristorante.Sono ancora rimasti alla trattoria, nonostante i tanti passi avanti. Chiaro che fa piacere essere in quella lista: siamo stati quarti, sesti, undicesimi, nel 2019 siamo dodicesimi, siamo da sempre nei primi 15. Un paio di anni fa ci hanno attribuito il Lifetime Achievement Award e quest’anno il The Art of Hospitality Award: e la dice lunga sul modo italiano di ospitalità.
Lei è uno di quegli chef che si vedono in sala?
UB: Sono uno che segue il cliente: farsi vedere è importante, anche per il team per far capire quale debba essere il senso di ospitalità, senza arroganza e con la sincerità dell’ospitalità italiana. Certi locali sofisticati, con quel tovagliato, la location, l’eleganza possono trasmettere distacco. Ti siedi a tavola e ti senti impacciato e in imbarazzo: il mio compito invece è far star bene la gente. Per questo il premio per l’ospitalità mi ha fatto particolare piacere.
Quali sono i piatti che valgono tutti questi riconoscimenti?
UB: La Shima-aji, che è una ricciola giapponese, servita con caviale oscietra, insalata di verdure autunnali, dressing allo champagne. Lobster tiepida in brodo ristretto di aragosta con emulsione di broccoli. Confit Abalone cotto 18 ore con composta di sweet pepper and semi-dried tomato servita con caviale oscietra. Scampo vivo dal Giappone servito con salsa dragoncello e insalata di funghi arrosto e insalata. Warm Lobster Salad with roasted mushroom, truffle dressing, Alba white truffle. Poi i piatti classici: homemade tagliolini with Alba white truffle, Short Rib e Beef Tenderloin, per sentire le differenze.
Anche per un grande chef, la nonna è un’ispirazione.
UB: Entrambe le nonne, ma che belli i pranzi della domenica da nonna Rina! Lei era mantovana e la domenica si mangiava il salame di cioccolato, i ravioli di zucca, i tagliolini in brodo.
Ambasciatore del tartufo Bianco d’Alba nel mondo: un’altra carica di Umberto Bombana.
UB: La Regione Piemonte con l’Associazione di Alba scelgono ogni anno un cuoco o un attore che rappresenti il tartufo bianco nel mondo, negli anni sono stati insigniti tra i tanti, Alain Ducasse e Gerard Depardieu.
Quanto è importante il tartufo da 8½?
UB: Importantissimo. Qui mangiare il tartufo è diventato uno status. Tutti gli anni alla seconda domenica di novembre il Castello Grinzane Cavour, con noi in collegamento, ospitiamo l’asta di una decina di tartufi tra più belli della stagione e il ricavato va in beneficienza (nel 2018 sono stati raccolti €393.900, ndr.)
Chissà in quanti gliel’hanno chiesto: perché non apri un 8 ½ in Italia?
UB: Perché soffro il jet-lag. Scherzo, ma neanche tanto, faccio sempre più fatica a smaltirlo. Tornare in Italia vorrebbe essere presente e non ci si può sdoppiare, perché son famoso qua, la gente mi conosce qua e devo essere presente anche qua. Mi piacerebbe poter collaborare a qualche progetto italiano, quello si può fare.
Ha tempo di vivere Hong Kong? Ce la racconta, con gli occhi di un occidentale?
UB: È una città affascinante. Il cibo cantonese intanto mi fa impazzire, lo trovo equilibrato, di profonda cultura. Poi, questa città è comodissima, ci si sposta facilmente, ci sono tanti taxi, in centro ci sono molti passaggi sopraelevati che smaltiscono il traffico. Ma nonostante la modernità, esiste ancora parte della tradizione cinese, che hanno preservato. È bello vivere qui. Poi io sono sposato con una cinese e mi piace questa società basata sulla famiglia come la nostra, le riunioni di famiglia, le partite di Mahjong. Dietro a casa c’è il Victoria Peak, poi ci sono templi cinesi tra cui è bello rilassarsi. Sì, il Victoria Peak è il nostro playground.
Author: The Slowear Journal