Nella navata centrale, dipinti e opere provenienti dalla collezione privata di Reinhold Messner, che rappresentano le Dolomiti dal Romanticismo all'arte contemporanea. Le opere si alternano agli scorci panoramici delle finestre del museo che si affacciano su Monte Schiara, Monte Agnèr, Cimon della Pala, Monte Civetta, Marmolada, Monte Pelmo, Tofana di Rozes, Sorapis e Antelao. Esposte anche alcune testimonianze dell'origine della roccia dolomitica: fossili di conchiglie claraia di 250 milioni di anni, fossili di felci di palma 240 milioni di anni ed altri reperti che rammentano che qui c’erano barriere coralline.
Juval
Arroccato in val Venosta, Castel Juval ospita la parte di museo dedicata al “mito” della montagna e alla sua sacralità. Dall'Olimpio all'Ararat, dal Sinai al Kailash, dal Fujiama in Giappone all'Ayers Rock in Australia. per molti popoli la montagna è da venerare. Una raccolta di dipinti con vedute delle grandi montagne sacre, una preziosa collezione di cimeli tibetani e maschere provenienti dai cinque continenti, la stanza del Tantra e, nei sotterranei, le attrezzature usate da Reinhold Messner nelle sue spedizioni.
Ripa
Il più semplice da raggiungere, essendo situato nel Castello di Brunico. Qui si celebrano i popoli di montagna, infatti in lingua tibetana ri significa montagna e pa uomo.
Il moderno alpinismo è nato 250 anni fa, ma è da più di 10.000 anni che l'uomo abita e frequenta i rilievi montuosi. Dapprima per cacciare, poi per condurre mandrie e greggi al pascolo, quindi per lavorare la terra e allevare bestiame. I popoli di montagna hanno saputo sviluppare una propria arte della sopravvivenza basata sulla responsabilità personale, sulla rinuncia al consumo, sul mutuo aiuto.
Splendida la vista dal castello su Plan de Corones, sulla valle Aurina e sulle Alpi della valle di Zillertal.
Ortles
Dedicato al tema del ghiaccio e allestito in una moderna struttura sotterranea, il museo è situato a Solda, a 1900 metri di quota, ai piedi del ghiacciaio dell'Ortles. Un posto non facilmente accessibile, al punto che nel 1774 Peter Anich lo indicava come la “Fine del mondo”, nella sua famosa carta del Tirolo. Qui si indaga il terrore del ghiaccio e dell'oscurità, i miti dell'uomo delle nevi e del leone delle nevi, il white out e il terzo polo, in un viaggio attraverso due secoli di storia degli attrezzi da ghiaccio, dello sci, dell'arrampicata su ghiaccio e delle spedizioni ai poli. Per i palati più curiosi, la trattoria Yak&Yeti, accanto al museo, propone specialità sudtirolesi e himalayane.
Author : The Slowear Journal