Imprenditrice della ristorazione e sommelier, Tunde Pecsvari racconta la sua Ungheria, osservata con gli occhi di chi l’ha lasciata per scoprire il mondo. E ci regala i consigli giusti per cogliere l’anima di Budapest e coccolare le papille gustative.
(P.S.: la mangalica è una razza di maiale.)

Si definisce "restaurant geek” e in una sintesi estrema restituisce istantaneamente le sue passioni e, potremmo dire, le sue tante vite, trascorse tra la natia Ungheria, Roma e ora Milano. Non è consueto infatti che da un’agenzia web per sviluppare siti internet e raccogliere pubblicità per la rete un imprenditore salti il fosso, quasi dall’oggi al domani, e diventi uno dei ristoratori di spicco di Milano, con specializzazione da sommelier. Tunde Pecsvari l’ha fatto con successo con la sua centralissima Osteria del Brunello e la catena Macha Café, che tradisce la sua altra passione: il Giappone.

Tunde, quanti anni avevi quando hai lasciato l’Ungheria? Che ricordi hai di quel periodo a Balatonfüred e in generale del tuo paese? Ci torni spesso?


TP: Sono in Italia da quando avevo 18 anni. A dire il vero sono arrivata per una vacanza, sarei dovuta rimanere due settimane… che durano da 27 anni! Ho quindi vissuto tutta la mia vita adulta in Italia, che considero la mia casa. La cittadina dove sono nata e cresciuta, Balatonfured, è una destinazione molto popolare per le vacanze estive. Per qualche mese dell’anno è molto vivace, piena di programmi, eventi e vita mondana. Nella stagione invernale diventa invece una tranquillissima cittadina assonnata dove succede davvero poco. Da qualche anno non ho più una base lì, ho invece comprato una piccola casa storica, protetta dalle Belle Arti, in un paese poco lontano, che pur essendo in riva al lago, è molto meno rinomata e frequentata. E’ un paradiso in tutte le stagioni, che io per ora riesco a godermi per appena qualche settimana all’anno, prevalentemente d’estate.

Dalla provincia sul lago Balaton che impressione ti dava la Capitale?

TP: Un mondo diverso, sotto molti punti di vista. L’Ungheria fondamentalmente si divide in due parti: Budapest, e tutto il resto. La Capitale ha una forza economica e culturale che non ha pari nel paese, è tutto concentrato lì. Io ho abitato a Budapest a tratti. Amo la sua energia, i suoi mille volti da esplorare, le due anime così diverse ma così intrecciate di Buda e di Pest.

Come sono oggi l’Ungheria e Budapest in particolare? Che cosa le caratterizza rispetto ad allora?

TP: Io ho vissuto a Budapest prevalentemente a fine anni ’90, inizio 2000, quando collaboravo anche, in qualità di corrispondente da Roma (la città dove abitavo ai tempi) con il più grande sito d’informazione ungherese. Erano tempi eccitanti, il muro era caduto da un decennio circa, era un momento d’entusiasmo, di costruzione. Non si può dire la stessa cosa ora, politicamente il paese è spaccato, non è un momento di grandi progetti e investimenti. Nulla di tutto ciò impatta però su chi arriva in questa splendida città per una visita: troverà una città vivace, molto scenografica, che tra una visita al Castello o al Parlamento e un giro nel quartiere ebraico, avrà l’imbarazzo della scelta su dove prendere un ottimo speciality caffè, una fetta di torta con una dozzina di strati o un ottimo pranzo in un bistrot d’autore.

Scriveva lo scrittore triestino Claudio Magris: “Se la Vienna moderna imita la Parigi del barone Haussmann, con i suoi grandi boulevards, Budapest imita a sua volta questa viennese urbanistica di riporto, è la mimesi di una mimesi”. Forse una volta era vero. Oggi riconosco in Budapest caratteristiche molto originali. Secondo me, Budapest è tra le città più sottovalutate d’Europa. Sei d’accordo? Perché secondo te?

TP: Lo è, anche se negli ultimi anni, grazie anche ai frequenti voli low-cost, è sempre più frequentata. Budapest è una città unica, che può aver anche preso qualche ispirazione da Vienna, ma non di meno da Parigi: basta dire che l’edificio della Stazione Ferroviaria Ovest fu progettato dallo studio di Gustave Eiffel un secolo e mezzo fa. La sua collocazione in riva a un fiume imponente come il Danubio, con le colline e la parte storica da un lato, quello di Buda, e la parte moderna con i viali alberati nonché il magnifico edificio del Parlamento, lo rendono un luogo unico nel suo genere in Europa. Non trovo calzante né la definizione di “Parigi dell’Est”, spesso usata, né la mimesi di Vienna. Budapest ha una posizione e un’anima tutta sua che nulla ha da invidiare ad altre città. Ciò nonostante forse non è ancora conosciuta quanto dovrebbe esserlo, probabilmente si può fare meglio sul piano del marketing e della comunicazione.

Tutte le città che nascono attorno all’acqua amano specchiarsi sulla sua superficie. Che cosa significa il Danubio per un’ungherese? E cosa significa per te il lago Balaton.

TP: Per tutti gli ungheresi, il Danubio e il Balaton sono due simboli fortissimi, due elementi identitari imprescindibili del proprio Paese. Il Danubio è letteralmente la via d’acqua, la strada anche simbolica che ci collega a molti altri paesi, dalla Germania al Mar Nero. Già frontiera dell’Impero Romano, oggi lo è con la Slovacchia. Corre nel cuore di Budapest e crea molte isole, come l’isola Margherita, meta di passeggiate, oppure l’isola nella parte settentrionale di Budapest che ospita ogni agosto il famosissimo festival Sziget ormai da 25 anni .
Il Balaton è semplicemente la parola che ogni ungherese utilizza da quando nasce come sinonimo di vacanza. Tutti devono andarci almeno una volta ogni anno, tutti hanno ricordi indelebili delle sere d’estate al Balaton e lo usano come rifugio mentale nei giorni meno belli dell’anno.

Ristoratrice, imprenditrice pluripremiata del food & beverage. Parliamo di una delle eccellenze ungheresi: la tavola. Ho letto da qualche parte che gli ungheresi sostengono persino che al mondo ci siano tre veri tipi di cucina: la francese, la cinese e l’ungherese. Di certo, non parliamo solo di gulasch (per quanto sia squisito…).

TP: Vero, gli ungheresi amano credere che la loro cucina sia insuperabile. Effettivamente c’è una varietà di piatti e preparazioni fuori dal comune, tanto che può essere difficile orientarsi persino per un ungherese. Oggi nei ristoranti servono una versione addomesticata di questa cucina che prevede prevalentemente piatti di carne (da assaggiare il mangalica, una varietà di suino ungherese che ha carni squisite). Il pasto si inizia molto spesso con una zuppa, che esiste in infinite versioni: un ungherese è capace di mettere insieme una zuppa utilizzando qualsiasi ingrediente, verdure, pesce, carne. Facciamo zuppe persino a base uova o a base frutta, quest’ultima prevalentemente d’estate, servita fredda. Sono inoltre squisiti i dolci, sia quelli più elaborati serviti nelle pasticcerie e nei ristoranti che il kürtöskalács, un dolce street food servito esclusivamente all’aperto perché è cotto alla brace.

Ci suggerisci qualche posto per coccolare le papille gustative?

TP: Parto dalle pasticcerie, o come dicono gli ungheresi, i Kávéház, ovvero casa del caffè. Sono il simbolo dello stile di vita dell’epoca della monarchia austro-ungarica, quando le persone trascorrevano giornate intere in questi luoghi. Erano il centro della scena culturale, vi sostavano scrittori (alcuni scrivevano esclusivamente nei Kávéház), artisti, musicisti. La più famosa è forse il Gerbeaud, in pieno centro, che serve da 140 anni ininterrottamente le sue specialità. Molto bello anche il Central Kávéház, ottimo anche per brunch o aperitivo. La mia torta preferita però rimane il doppio nocciolato di Muvesz Kávéház sul più bel viale alberato della città, l’Andrássy, che è di per sé una destinazione.
Per quanto riguarda i ruin bar, un fenomeno molto interessante nato a Budapest, il primo nato, ovvero il Szimpla Kert, trovo sia tuttora il più interessante. Da vedere il Gozsdu Udvar, più che un cortile, è quasi un quartiere intero dedicato alla vita serale. DiVino, un’enoteca con ottima selezione al calice, si trova proprio lì e potrà essere la vostra meta per l’aperitivo.
Tra i ristoranti, consiglio a Buda lo Stand25, che è il bistrot informale del più premiato chef ungherese, Tamas Széll, due stelle Michelin con il suo ristorante Stand che si trova invece a Pest. Budapest è famosa anche per il quartiere ebraico e la sua cucina, che potete provare, in una versione più informale da Köleves, oppure in una location spettacolare come Mazel Tov. Se volete invece provare la cucina ungherese contemporanea, in stile fine dining, vi consiglio i ristoranti Borkonyha e Textura, entrambi nel quartiere della Bazilika.


Qual è l’ingrediente che meglio ci racconta l’Ungheria? Un piatto che gli stranieri non conoscono e che invece dovrebbero assolutamente provare.

TP: Tra gli ingredienti non riesco a non nominare almeno due: i semi di papavero, che non mancano mai in nessuna casa e che usiamo sia per piatti salati, per condire la pastasciutta (sì, davvero…), per le quiches o insalate, ma sono anche la base o il condimento di moltissimi dolci. L’altro ingrediente è come ho detto la carne di mangalica, una razza di maiale autoctona molto particolare, dalla pelliccia folta e riccia che dà carni molto saporite.
Il piatto invece che consiglio, anche se è pressoché impossibile da trovare servito al ristorante, è il "rakott krumpli", un pasticcio di patate, uova, salsiccia piccante e panna acida. Da mangiare la teglia intera! Curiosità: qualche anno fa l’ho cucinato a Milano al critico gastronomico Allan Bay che lo ha poi incluso in un suo libro con tanto di foto.

Tu sei sommelier. L’Ungheria è anche nel bicchiere. Usi mai vini ungheresi nelle tue carte? Ci presenti l’approccio al vino degli ungheresi?

TP: La cultura del vino in Ungheria è estremamente radicata. Nelle zone vitivinicole tutti hanno un vigneto, l'aveva anche mio nonno. Il vino ungherese più famoso, il Tokaj, nasce nella zona che fu più la più antica denominazione d’origine al mondo, la sua classificazione dei cru è addirittura antecedente a quello di Bordeaux.
Oggi in Ungheria viene fatta un’ottima produzione di vino, sia bianco (soprattutto il vitigno olaszrizling) che rosso (consiglio di assaggiare il kadarka e il kékfrankos), ma sono ottime anche le bollicine e ovviamente il famoso Tokaji Aszú.

Hai un posto del cuore a Budapest?


TP: Certo, uno dei luoghi simbolo di Budapest, ovvero le terme. Le amo tutte. È una tradizione che risale al Cinquecento, all’epoca ottomana e alcune terme (come il Kiraly) risalgono addirittura a quel periodo. Molto interessante anche il Szechenyi, con le vasche all’aperto utilizzabili tutto l’anno e il suo edificio liberty davvero spettacolare.
Un quartiere che mi piace particolarmente è quello che viene chiamato Viziváros (letteralmente città d’acqua), perdersi nelle sue viuzze così centrali eppure così poco frequentate è un’esperienza.

L’Ungheria non è solo Budapest. Ci consigli un paio di posti da vedere al di là della Capitale?

TP: Una cittadina graziosa, visitabile anche solo in mezza giornata, appena fuori Budapest è Szentendre, una vera bomboniera, residenza prediletta di molti artisti ungheresi.
In tarda primavera e estate ovviamente il lago Balaton, prevalentemente la riva nord, più collinare che ha un meraviglioso parco nazionale e anche diverse zone vitivinicole tra le più vocate. A pochi chilometri dal lago, in direzione nord-ovest c’è anche il più grande lago termale balneabile d’Europa, Heviz, dove è possibile fare un bagno all’aperto tutto l’anno, ma il periodo più godibile va da aprile a ottobre.
Avendo un po’ più di tempo e curiosità di visitare una zona vitivinicola, consiglierei appunto Tokaj, che offre molti paesaggi e anche validissimi ristoranti nonché ovviamente cantine.