Il design a prima vista è semplice e preserva il delicato ecosistema delle dune, che OPEN Architecture non ha voluto livellare, come invece è successo in altre zone della stessa costa deturpate per sempre.La messa in opera ha rappresentato anche l’occasione per una conversione dei lavoratori dei cantieri navali della zona, che hanno contribuito all’edificazione utilizzando casseforme realizzate con sottili strisce in legno e altri materiali. Le irregolarità e le imperfezioni delle superfici sono state volutamente lasciate in evidenza, per valorizzare il processo di costruzione manuale dell’edificio.
Oltre la soglia del museo e dopo una piccola reception e un tunnel buio, lo spazio si apre all’improvviso nella grande sala multifunzionale, qui la luce cala dal lucernario riempiendo lo spazio. L’intero museo infatti è illuminato da grandi aperture sul soffitto, che consentono di ammirare i cambiamenti del cielo e del mare per tutto il giorno. Si susseguono poi una serie di altri spazi simili a celle, che ospitano i variegati programmi museali. C’è anche un caffè dove rilassarsi guardando il mare e una scala a chiocciola che conduce al belvedere sulla grande duna di sabbia.
Un'altra eccentricità architettonica? Al contrario, è un tentativo di accettare l'orografia e costruire a diverse altezze invece di pavimentare, per proteggere un ecosistema e, allo stesso tempo, usare la sabbia del luogo per vestire e isolare l'edificio. Insomma, costruire, senza distruggere prima.
Author : The Slowear Journal