Mille modi di essere sparkling
di Sara Missaglia
Ammaliati dalla luce e incantati dalla purezza, non si può fare a meno, fortunatamente, di brindare, soprattutto nei momenti importanti. Imparare a degustare champagne e Metodo Classico come i sommelier aiuta ad aumentare il piacere.
Champagne e Metodo Classico, due modi di dire bollicine e di alzare il calice con un cheers. Non è festa se non ci sono perlage, spuma e, soprattutto, eleganza. Gli Champagne e tutti i vini spumante sono celebration per definizione, che accompagnano i momenti più belli della nostra esistenza. Fashion, glamour, appealing e catchy: le bollicine sono esattamente così. Mai rimanere senza. Così Lilly Bollinger, con una delle più celebri frasi della storia: «Lo Champagne lo bevo quando sono contenta e quando sono triste. Talvolta lo bevo quando sono sola. Quando ho compagnia lo considero obbligatorio. Lo sorseggio quando non ho fame e lo bevo quando ne ho. Altrimenti non lo tocco, a meno che non abbia sete». Ma anche Napoleone (o forse Winston Churchill, l’attribuzione è duplice), non era da meno: «Non posso vivere senza lo Champagne, in caso di vittoria lo merito; in caso di sconfitta, ne ho bisogno». Come dar loro torto?
Dove nascono le bollicine
Sono tra i vini più tecnici al mondo: le famose bollicine non nascono per addizione di anidride carbonica, ma da un processo di rifermentazione in bottiglia. Da una cuvée di base, che ricomprende vini fermi di diversi vitigni, nasce un assemblaggio, che viene messo in bottiglia, all’interno della quale viene addizionato di zuccheri e lieviti. I vini possono rimanere sui lieviti anche per lungo tempo, addirittura oltre i dieci anni per quelli più ricercati ed evoluti: durante questo periodo, la cosiddetta sosta sur lie, il vino viene sottoposto a remuage, ovvero ad una serie di manovre che servono per scuotere la bottiglia e fare in modo che i lieviti possano rilasciare in modo uniforme e costante gli aromi a quello che sta per diventare un nettare prezioso. Con il dégorgement il vino viene liberato dai lieviti ormai in autolisi, ovvero non più attivi, per presentarsi completamente limpido e pronto da imbottigliare, con la chiusura con tappo a fungo e gabbietta che tutti conosciamo.
I vitigni impiegati
Nello Champagne e nella Champagne-Ardenne, l’areale vitivinicolo più famoso al mondo, sono ammessi i vitigni Chardonnay, Pinot nero, Meunier, Pinot bianco, Arbane, Petit Meslier e Voltis, un vitigno resistente. In Italia si spumantizzano alcuni di questi vitigni, ma anche varietà presenti da Nord a Sud, come Nebbiolo, Negramaro, Glera, Durello, Vermentino, Torbato, Montepulciano e persino lo Zibibbo. Nel Paese ci sono distretti molto vocati alla produzione di vini sparkling, come la Franciacorta, l’Alta Langa, il Trento DOC o l’Oltrepò Pavese. Per non parlare delle straordinarie zone del Prosecco, la cui spumantizzazione avviene attraverso un metodo di rifermentazione non in bottiglia, ma in autoclave, il cosiddetto Metodo Martinotti o Charmat.
Le origini
Marketing ed eccellenza, in un perfetto mix. Sono le componenti che hanno contribuito allo straordinario successo dello Champagne e del metodo di rifermentazione. La storia è indissolubilmente legata al monaco benedettino conosciuto come Dom Pierre Pérignon, nato nell’inverno del 1638 nella Champagne-Ardenne. Si narra che durante un pellegrinaggio verso l’abbazia di Saint-Hilaire, Pérignon scoprì, probabilmente inconsapevolmente, un metodo di vinificazione capace di rendere il vino frizzante. Nel trasporto alcune bottiglie esplosero, forse per via della fermentazione legata allo zucchero e ai fiori che era solito inserire durante l’imbottigliamento. Dom Pérignon non fu l’inventore dello Champagne che oggi degustiamo, ma ebbe il merito di migliorarne le qualità: fu il primo a utilizzare, per esempio, i tappi di sughero per chiudere le bottiglie. La frase del 1671 che gli è stata attribuita ben testimonia il suo percorso alla ricerca di eccellenza: «Bisogna disprezzare la quantità, che ne fa un vino molto comune, e puntare sempre alla qualità, che rende più oneri e profitti». Lo Champagne nasce da regole ferree, prima fra tutte Il n’est Champagne que de la Champagne, ovvero Non c’è Champagne se non della Champagne, come ha voluto la Legge francese del 28 luglio 1824. Le uve impiegate nella spumantizzazione provengono infatti da una zona individuata dalla AOC Champagne, che è dotata di un disciplinare molto rigido per la produzione e l’imbottigliamento. La Champagne-Ardenne dista circa 150 chilometri a est di Parigi, con una posizione geografica a Nord, tra il 47° e il 50° parallelo: i vigneti sono tra i più settentrionali al mondo, con Mosella e Alsazia, al limite settentrionale della coltivazione della vite. Il clima è quindi freddo e rigido per la viticoltura, con influenze oceaniche che apportano acqua in quantità regolare e con variazioni termiche poco marcate tra una stagione e l'altra. Tra i fattori di qualità spicca anche la natura gessosa del sottosuolo, che presenta una crosta di gesso bianco, molto calcareo e dallo spessore di circa 200 metri formato dalla stratificazione di scheletri calcarei, fossili marini del Cretaceo e alghe unicellulari che risalgono a 75 milioni di anni fa. Al di sopra della crosta, lignite, sabbia e argilla: il terreno ha quindi una straordinaria capacità drenante, con permeabilità e porosità.
Blanc de Blancs o Blanc de Noirs
Un calice di Champagne o di Metodo Classico si presenta di colore giallo paglierino o dorato, anche se può essere prodotto con maggioranza di uve nere (Blanc de Noirs, a differenza del Blanc de Blancs, prodotti da sole uve a bacca bianca). I due Pinot (noir e Meunier) sono vinificati in bianco: durante la pressatura, viene infatti limitato al massimo il contatto tra mosto e bucce, senza cessione del colore. Altra cosa il Rosé, da uve a bacca nera: l’unico calice dai colori seduttivi con nuance delicate come il rosa fiore di pesco, il corallo, il salmone o il ramato, che si originano lasciando il mosto a contatto con le bucce per pochi giorni, a volte ore, affinché acquisisca il colore desiderato.
Che cos’è un Millésimé?
Con questo termine si indica l’anno di raccolta dell’uva utilizzata per la produzione del vino. Per una percentuale molto alta (85% nel caso del Franciacorta DOCG), lo Champagne o il Metodo Classico millesimati vengono realizzati con uve provenienti da una singola annata: sono preziosi in quanto prodotti solo nei migliori anni, come vera e propria fotografia della vendemmia. Se non si tratta di un millesimato, i vini sono sans année.
Longevità
A differenza dei luoghi comuni che suggeriscono un consumo rapido, lo Champagne è il vino più longevo al mondo: eterno finché rimane sui lieviti della rifermentazione, può invecchiare anche più di 100 anni dopo il dégorgement. La longevità è data dall’elevata acidità presente naturalmente nel vino e dalla sovrapressione che impedisce all’ossigeno di entrare (la presenza di anidride carbonica protegge il vino dall’ossidazione).
Degustare lo champagne come un Sommelier
Per evitare di essere banditi da qualunque club di eno-esperti, non effettuate mai alcuna rotazione del bicchiere per degustare un vino sparkling (a differenza dei vini fermi): le persone che scuotono questi calici, facendoli roteare in modo frenetico al pari di un tic nervoso, sono decisamente infrequentabili. In questo modo andrete a perdere tutta la carbonica, depotenziando la bellezza del vino sparkling e disperdendo nell’aria le sensazioni gustative.
La degustazione gusto-olfattiva di questi vini vi regalerà dei momenti di gioia pura: gli sparkling sono infatti un vero caleidoscopio, ricchissimi di sfumature e sensazioni. Al naso fiori, frutta, sapidità e freschezza, avvolgenza o verticalità a seconda di uve, millesimi o permanenza sui lieviti. Calici mai omologati: fragranze minerali, di rara e graffiante eleganza, finezza e slancio da preziose note agrumate, succosi, ricchi, sferzanti con ricordi di pasticceria, zenzero candito, torrone, cera d’api, note di lievitati, croissant salati e tostature da frutta secca. I Blanc de Noirs si presentano con un colore giallo brillante dai riflessi prevalentemente ramati, con un naso che rimanda alla frutta gialla (pesca, prugna e frutta secca), frutti rossi (mora, lampone e fragola), agrumi (pompelmo, cedro, bergamotto e mandarino), speziature eleganti dal pepe alla cannella, dai chiodi di garofano all’anice, e foglie secche con sentori di tabacco e di fungo. In bocca l’attacco è in genere potente e grintoso, con lo sviluppo di note fumé e ottime acidità e sapidità. Il Blanc de Blancs è invece uno Champagne più delicato, floreale, setoso, gentile e fine, con sentori di vaniglia, gesso, nocciola, pane tostato e mela cotogna.
Il calice
La flûte – rigorosamente femminile - è il bicchiere più idoneo, apprezzato e diffuso al mondo per la degustazione di vini sparkling. Ha una forma elegante e non eccessivamente stretta né allungata, che aiuta da un lato a mantenere l'effervescenza, con una chiusura sul fondo a punta che favorisce la veloce risalita delle bollicine, e dall’altro consente l’amplificazione dei profumi: luce e aromi vengono così avvicinati ai nostri sensi. La nota coppa, o coupe, che utilizzavano le nostre nonne, è invece un calice con una base ampia e profonda e un’altezza limitata: la leggenda vuole che la sua forma sia stata modellata sul seno della Regina Maria Antonietta. Oggi questo tipo di calice viene impiegato per servire del Moscato Canelli o dell’Asti Spumante, in quanto, pur consentendo di preservare il perlage, favorisce la diffusione e il riconoscimento di profumi intensi da varietà aromatiche. Viene inoltre utilizzata anche per i cocktail a base di Champagne.
Gli abbinamenti a tavola
Champagne e Metodo Classico sono i vini più versatili in assoluto a tavola: da soli, come aperitivo, o perfetti con portate a base di salumi, pesce crudo, pietanze più strutturate di pesce e di carne. Sono ottimi anche con i dolci, sempre a patto di scegliere lo Champagne corretto (non il brut, ma un doux, ovvero dolce). Provate a immaginare una terrina di dentice al dragoncello in abbinamento a dello Champagne Blanc de Blancs o un rombo al profumo di spezie dolci con dello Champagne Blanc de Noirs. E ancora un’anatra in salsa ai frutti di bosco con un calice di Champagne rosé. E sul finale una cialda con crema alle pesche con dello Champagne demi-sec e una Tarte Tatin con uno Champagne doux. Non viene l’acquolina in bocca?
Bollicine dal Mondo
Ecco una selezione insolita e curiosa di alcune bollicine dal mondo, per sottolineare l’universalità dei vini sparkling, inclusivi, democratici (i prezzi sono molto variabili e alla portata di molti estimatori) e con un linguaggio che parla al plurale.
Dalla Francia, Le Vigne de Vrigny di Egly – Ouriet da solo Meunier del Premier Cru di Vrigny, e dal Portogallo lo Sparkling Brut Blanc de Blancs Doc Alentejo Évora di Cartuxa; dalla Germania, il Riesling Extra Brut VDP SEKT di Barth nel Rheingau, dalla Gran Bretagna, il Langham Blanc de Blancs Vintage; dalla Spagna, il Greco di Subur Blanc de Blancs Brut Nature di Clos Lentiscus, e dalla California il Perpetual Reserve Sparking Wine di Rhys Vineyards. Dalla Slovacchia, lo Spumante Chardonnay di Hacaj; dal Libano, il Methode Traditionelle Brut Unique di Latourba; dall’Argentina, lo Spumante Metodo Classico Extra Brut Blanc de Blancs Cuvée Especial di Zuccardi; dalla Thailandia, il Monsoon Valley Brut Blanc de Blancs di Siam Winery e dalla Danimarca il Dons Brut di Skærsøgaard. Per chiudere torniamo in Francia, con il Crémant Terroir Clos Liebenberg Monopole del Domaine Valentin Zusslin in Alsazia.
Dom Pierre Pérignon nel 1693 si rivolgeva ai monaci confratelli con un calice di champagne in mano e con queste parole: «Venite presto, fratelli, sto bevendo le stelle!». A tutti i degustatori esperti e principianti, l’augurio per «l'amor che move il sole e l'altre stelle». Dante docet, Paradiso.